L'esultanza della squadra femminile del Centrocampo (foto Simone Ligregni)
Questo il nome di un’associazione nata ufficialmente nel 2012, dopo un anno di sperimentazione sul campo: «Nessuno Fuorigioco è un laboratorio di coesione sociale col pallone tra i piedi». cosi Timothy ama definire il progetto nato per consentire a 12 bambini rom residenti nei campi di Torino nord di giocare a pallone, di imparare a stare insieme e poi con gli altri. Ma non è mai stata una cosa semplice:
«Abbiamo iniziato prima con gli allenamenti e basta, poi ci siamo iscritti al campionato UISP, perdendo tutte la gare disputate…ma il calcio era un’occasione per stare insieme, per collaborare con le famiglie dei bambini. Proprio così è nata la squadra femminile, le sorelle dei nostri giocatori hanno voluto provare, giocando anche insieme. Ci siamo accorti facendolo che Fuorigioco aveva una doppia valenza: quella per i bambini, certamente, ma anche quella positiva della vita associativa che si creava attorno alle partite.
Purtroppo l’associazione ha iniziato a soffrire molto dopo lo sgombero del campo rom di Lungo Stura Lazio, molti dei nostri bambini venivano da lì e questa operazione ha incrinato molto i rapporti con la comunità rom che si è sentita tradita».
Nel 2017 Nessuno Fuorigioco è confluita nel Centrocampo, un’associazione sportiva storica di Torino, quartiere Barriera di Milano. Nata nel 1978 da un gruppo di ventenni della sinistra ex parlamentare per offrire attività per sportive per i ragazzi del quartiere e sempre sulle attività del quartiere si è modellata. Racconta il presidente Roberto Petito che ad esempio molte attività per gli adulti sono nate perché le mamme venivano a portare i figli e allora perché non fare qualcosa anche per loro mentre attendevano che i bambini finissero i corsi di nuoto o calcio? Centrocampo è una realtà senza grossi sponsor, una realtà che si autofinanzia. «Qui pagano tutti» ci confermano Timothy e il presidente, dalla prima squadra di calcio a 11 che milita in terza categoria, alle altre discipline.
Più di un’associazione sportiva, il Centrocampo organizza attività nelle scuole e progetti sul territorio. C’è la possibilità di avere uno spazio di aiuto compiti e di gioco libero, quando farà più caldo. La seconda squadra a 11 maschile, che partecipa al campionato UISP è composta per la maggior parte da richiedenti asilo politico, anche loro mettono la quota chiesta dall’associazione, ovviamente secondo le loro possibilità. «La gratuità, oltre che impensabile per riuscire a sopravvivere – ci spiega Timothy – è deresponsabilizzante». «Vedere lo sport come attività di inclusione sociale e strumento di coesione non vuol dire mettere da parte la componente agonistica. Ha senso parlare di qualità calcistica adesso. Io credo che al Centrocampo l’obiettivo sia proprio quello di arrivare a unire la qualità didattica all’inclusione. Ci stiamo provando con successo nella squadra di calcio a 5 femminile, che abbiamo affidato a Claudia Rango, che ha allenato la serie A femminile con il Mojito Torino, proprio per insegnare a giocare a calcio a queste ragazze».
Claudia Rango riassume così la sua esperienza nel Centrocampo: «Mi sono offerta io di seguire la squadra femminile. Sono andata letteralmente a sbattere contro Timothy e mi piaceva quello che faceva, i suoi progetti. Io personalmente sono sempre stata orientata sull’aspetto agonistico, è quello che so fare. Ho portato la mia esperienza. Molte di loro sono alla prime armi con il pallone e stanno imparando bene. Insieme al mio staff storico nonchè amici, Claudio, Michela ed Elisa e a Emiliano che si è aggiunto quest’anno, stiamo facendo un buon lavoro. In effetti è stata una delle annate più divertenti che abbia fatto da allenatrice. Le ragazze giocano un calcio pulito e divertente ed è un piacere passare il tempo con loro. Ora abbiamo anche una scuola calcio con 6 bambine di nazionalità diverse seguite da Sabrina e Margherita e speriamo che il gruppo cresca».
Timothy è una persona cui piacciono le sfide, quelle semplici a dirsi, e difficili a farsi. Le sfide, belle da fare e belle da ascoltare. «Mi piacciono le cose belle, credo che le cose belle abbiano tanto senso».
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