(Foto: Credits FIGC)
La prima, vera Italia, di Massimiliano Bellarte. Qualsiasi appassionato di futsal, ieri sera, guardando Italia-Montenegro, avrebbe dopo pochi minuti capito, anch’esso fosse ignaro, che sulla panchina azzurra sedeva il tecnico di Ruvo di Puglia.
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Abbiamo riavvolto in un attimo il nastro dei ricordi e rivissuto le gesta di quell’Acqua&Sapone che nel 2014 alzava al cielo la coppa Italia e arrivava fino a gara 5 della finale Scudetto. Con le dovute proporzioni, inevitabilmente, visti tempi e interpreti diversi. Ma il leitmotiv era senza dubbio quello.
Con la qualificazione ormai in tasca e dopo l’opaca prestazione di Liegi, gli azzurri sembrano aver aperto un nuovo capitolo della loro storia “bellartiana”. Il pragmatismo delle prime partite, ha fatto spazio alla visione più sognante del sistema offensivo dell’ex tecnico della Salinis, il quale avrà ora otto mesi a disposizione e, si spera, più di qualche test, per plasmare la nazionale a sua immagine e somiglianza.
Di segnali confortanti, contro il pur modesto Montenegro, ce ne sono stati parecchi. In tre giorni Bellarte ha provato a rivoluzionare la sua creatura, presentando sulle tavole dell’Estraforum di Prato una manovra più orizzontale, sacrificando in più occasioni la figura del pivot, a favore di quel gioco di quattro in linea che negli anni ha fatto le sue fortune. Di certo l’atteggiamento difensivo degli avversari non ha favorito le nostre trame, probabilmente proprio ieri avremmo avuto più bisogno di verticalità, ma gli azzurri hanno lavorato soprattutto per avvicinarsi a quell’identità da provare a raggiungere nel gennaio prossimo in Olanda.
Con i due terminali offensivi Gui e Vieira relegati più del recente passato in panchina, la manovra più dinamica ha esaltato le qualità dell’esordiente Fantecele, del tuttofare De Matos e, forse in primis, di Murilo, colui che è un po’ cresciuto a “pane e Bellarte”. Sicuramente, alla buona fase di costruzione, dovrà far seguito ora una maggiore concretezza in fase di realizzazione, ma la strada intrapresa sembra quella giusta. Senza dimenticare le assenze di Merlim e Nicolodi, probabilmente i due miglior interpreti dell’uno contro uno, elemento essenziale in un gioco votato all’estro dei suoi interpreti.
Probabilmente non è tutto oro quel che luccica, ma per una volta vogliamo essere quel che è più difficil essere: ottimisti! In fin dei conti siamo italiani, popolo di santi, di poeti, di navigatori… di filosofi e sognatori!
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