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Lima e le sue verità: “Montemurro mi ha sempre trattato male”

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Gabriel Lima torna a far rumore con le sue parole mai banali: un lungo messaggio per raccontare la sua verità sull’addio alla Nazionale italiana e non solo

Nomi, situazioni e pensieri: Gabriel Lima dice tutto. L’ex capitano azzurro chiarisce parecchi punti oscuri degli ultimi anni, dall’addio alla Nazionale ai rapporti con i vertici della Divisione. Lima lo ha fatto rispondendo alle sollecitazioni del sito www.quarantaventi.com (clicca qui per leggere l’articolo completo), ripercorrendo tutto dal principio in un dettagliatissimo messaggio: “Ecco iniziamo dall’inizio. Voi avete detto che l’inizio della fine è la nomina di Musti. Io invece credo che la vittoria di Montemurro sia importante in tutto il discorso… Non so il perché ma non mi ha mai rivolto la parola, anzi mi ha sempre trattato male quando ne ha avuto l’opportunità. Bisognerebbe chiedere a lui il perché. Io credo che mi abbia trattato da politico mentre ero ancora un giocatore. E ha sbagliato. Sono sempre stato critico verso quello che non mi sembrava giusto. E per chi ha la memoria che non funziona, ho fatto una dura critica al sistema del Futsal Italiano, del quale facevo parte pure io, appena dopo la nostra vittoria dell’Europeo nel 2014. E non lo dico io che mi abbia trattato male… Alcuni compagni di squadra e anche della nazionale hanno visto di persona e mi hanno anche chiesto il perché di tale atteggiamento. Potrebbero anche confermare ma non lo faranno mai. Forse perché non ero nato in Italia e lui pubblicamente ha fatto la sua corsa elettorale vantandosi del fatto che avrebbe ridato la Nazionale agli italiani. Un discorso strano, no? Perché se non sbaglio all’Elite Round di Qualificazione per i Mondiali c’erano 6 oriundi. Forse non gli piacevo anche perché ero troppo un simbolo che rappresentava il ciclo precedente, antagonista al suo nuovo ciclo…”.

Gabriel Lima chiarisce anche il discorso fascia da capitano: “…Forse nessuno lo sa, ma qualcosa di strano c’era da un po’ di tempo all’interno della Nazionale e io avevo deciso autonomamente e comunicato a mister Menichelli di mettere la fascia da capitano a disposizione se questo voleva dire unire di più il gruppo. Per me l’importante era riprendere quell’unità di intenti che porta un gruppo al successo. E Mammarella, per me, sarebbe stata la persona giusta per riportare quell’unità. Io dopo alcuni tentativi in cui mi sono trovato a sbattere contro un muro, non mi sentivo più capace…Ercolessi è una persona per bene, un ragazzo che mi piace molto. Cercando, si trovano le parole dette dentro lo spogliatoio prima della sua centesima presenza eprima di fargli fare la partita da capitano. Mi dispiace si sia creato questo malessere proprio con lui.”.

Particolarmente chiacchierato, anche il rapporto tra Gabriel Lima e il Commissario Tecnico Alessio Musti: “E’ vero che ci siamo incontrati di persona a inizio gennaio, è vero anche che lui mi ha chiesto di vederci e l’ho apprezzato. Però qualche giorno prima mi ero trovato a leggere un articolo su un portale di futsal vicino alla Divisione che diceva “Chi sarà il prossimo capitano della Nazionale?”. Tutto questo prima del mio incontro con Musti eh, che sia chiaro. A me puzzava e all’incontro sono arrivato preparato. Sapevo che dietro le quinte si era già mosso qualcosa. Uscendo un attimo dal discorso della fascia, dell’unità del gruppo e tutto il resto, io venivo da 14 anni di stagioni tra club e Nazionale senza sosta. Quando Musti diventa ct, io ho tre figli piccolini. Ricordo anche che in quella stagione per fare il Main Round e l’Elite Round di Champions League con l’Acquaesapone stiamo due settimane intere lontano da casa. Al rientro da queste due trasferte, la situazione in casa mia non è facile. Decido che devo cambiare qualcosa, respirare un po’. Guardo il calendario, vedo che le prime convocazioni di Musti sono date FIFA che prevedevano 10 giorni di Raduno e, dopo averci riflettuto molto con la mia famiglia, decido di chiedere a mister Alessio un respiro, almeno per il primo raduno. Ci incontriamo e prima che lui mi potesse dirmi qualsiasi cosa (proprio per non sembrare che fosse condizionata da qualsiasi parola o decisione sua), parlo io. Parlo e chiedo questo respiro, spiegandogli la situazione famigliare. Lui mi dice che mi capisce, che sono uno degli oriundi che vuole in squadra e che appena mi sentirò pronto e libero con la testa, mi riavvicinerà al gruppo. Mi dice anche che comunque avrebbe cambiato il Capitano e che non era ancora certo se seguire la legge delle presenze, occhio! La sua scelta personale era indirizzata verso un altro nome. Sapevo che quel che stavo facendo poteva essere l’assist finale per tagliarmi fuori dal giro della Nazionale, ma le sue parole mi avevano fatto capire il contrario: mi capiva e mi aspettava. Anche per questo, quindi, sono andato avanti con la decisione aggiungendo che sul discorso capitano io l’avrei sostenuto nella scelta perché come ho detto nella parentesi sopra, doveva sentirsi libero di scegliere la persona più adatta. Durante il primo raduno in Romania mi sento strano, però sapevo che avevo scelto così per la cosa più importante della mia vita: la mia famiglia. Tra il raduno della Romania e quello di Pescara chiamo il ct e gli dico che sono pronto a tornare. Voglio stare con il gruppo e so che è l’ultimo raduno della stagione: lui mi dice che mi vede bene alle partite ed è contento. È l’unica volta che ci parliamo fino alla convocazione di Pescara. Escono le convocazioni e io non sono tra i nomi in lista. Alzo il telefono, molto triste e contrariato e gli spiego cosa penso e che in me aveva preso piede la voglia di ritirarmi dai campi internazionali. Lui mi spiega che dava fiducia al gruppo della Romania (ma non tutti i convocati di Pescara erano stati in Romania!) e lì ho capito che se avesse potuto lavorare bene senza di me, avrebbe preferito farlo. Lì ho capito che per me era finita… So che la colpa è anche mia per la richiesta di restare a casa al primo raduno di Musti. Lo rifarei mille volte perché la mia famiglia aveva bisogno di me. Se il mio errore è stato quello di mettere la famiglia davanti alla Nazionale, sì la colpa la puoi dare tutta a me!”.

Gabriel Lima conclude con un breve accenno all’attualità che lo vede impegnato in Brasile con il suo Nucleo e con la diretta emanazione Professional Players di cui Leo Moraes è il primo adepto: “Non sono e non sarò un procuratore. Non avrò accordi con società. Aiuterò i ragazzi a tutelarsi meglio, a investire nella loro carriera sportiva a 360 gradi. Li aiuterò a presentarsi come professionisti seri e veri. I ragazzi di oggi non sono pronti per una vita da professionista sportivo. È un percorso che completa la formazione che attualmente facciamo già qui in Brasile… non si può rappresentare uno sportivo dilettante e lo so bene. Sarà il caso di puntare il dito su chi cerca di avvicinare il Futsal e i suoi protagonisti al professionismo o magari combattere questa Lega Dilettanti che sta sopra il futsal? I giocatori sono professionisti a tutti gli effetti. Chiedetelo a chiunque. E’ ora di fare un passo coraggioso e non di bloccare chi cerca di farlo. Ad ogni modo, inquadratemi come un gestore di carriera”.

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