News

Bonaria e la storia L84: “Dai campi di pannocchie al sogno Serie A”

Pubblicato

su

In una lunga e divertente diretta Instagram, Lorenzo Bonaria ha ripercorso a cuore aperto passato, presente e futuro della L84, incalzato da un splendido “giornalista” d’eccezione come Rodrigo De Lima

Lorenzo Bonaria è tutto qui: “La L84 per me è passione. Forse banale, ma certamente la parola più giusta, perché ciò che fai con passione e ciò che fai con maggiore successo e che ti fa lottare sempre”. In una delle ultime battute di una splendida diretta Instagram, il numero uno della società verdenera ha espresso un concetto che racconta tutto stesso. Lo ha fatto al cospetto di Rodrigo De Lima in versione giornalista, una meravigliosa scoperta anche sotto questo punto di vista. Bonaria ha ripercorso la storia della società, dai suoi dribbling alla “Bisbetico Domato” ai progetti per un futuro che si prospetta più roseo che mai: Tutto è partito dalla mia semplice voglia di continuare a giocare e, come ogni calciatore a undici, vedevo il calcio a cinque come un ripiego. Così con amici della collina torinese decidemmo di mettere su una squadretta. Ho fatto subito una scelta giusta, suggerita da Muttoni, ovvero scegliere un allenatore esperto come Eugenio Parvopasso, al quale devo molto. Senza di lui non so se saremmo mai passati da società di amici a società organizzata. Nel 2011 ci siamo iscritti in D: facevo tutto io con i vari Fuoco, Barbieri, De Felice, Manzetto. Avevo trovato maglie verdi, bruttissime e con le toppe…a metà stagione avevamo le divise peggiori della categoria. Vincemmo però la Coppa Piemonte e fu l’inizio del percorso, perché quell’estate ci guardammo negli occhi e decidemmo di fare le cose per bene. Ci allenavamo nel campo con le pannocchie, c’era chi giocava con i tacchetti su indoor…Dal secondo anno poi tutto è cambiato e io stessi intesi di dover smettere o quasi di giocare per diventare in tutto e per tutto presidente…In realtà, sin da subito dissi al mister di trattarmi come giocatore e non come presidente e, giustamente, Parvopasso mi mise molto poco…Ma non ho mai patito più di tanto, con orgoglio cercavo di guadagnarmi il posto ma senza mettere nessuno a disagio. Le soddisfazioni che mi sono mancate da giocatore, me le sto prendendo da presidente. Ma senza lasciare del tutto il calcio giocato, perché quella passione ha condotto Bonaria a scendere di categoria e tornare in C2 con la maglia del Sermig: “Negli ultimi anni abbiamo aggiunto metodi di allenamento e grande professionalità, cosa che mi ha accresciuto anche come giocatore. Quando sono passato come giocatore al Sermig il salto è stato abissale, in quantità e qualità di allenamento, avversari, arbitri e tutto ciò che sta intorno al futsal. Spero che questa stagione di C1 non sia il mio ultimo anno, perché vorrei finire con un’annata fatta bene dopo aver vissuto un brutto infortunio al ginocchio e aver interrotto questa”.

Nulla però a che vedere con i progetti d’alto profilo della L84, con un percorso che Bonaria ha intrapreso con la politica dei piccoli passi: “La scelta, condivisa con Falco, era stata quella di andare per gradi: siamo partiti da Rodrigo De Lima come unico “professionista” per abituarci a quel tipo di atleta e capire di cosa ci fosse bisogno per omologare questa figura in una società che era abituata a giocatori che comunque avevano un altro lavoro. Da quell’impatto iniziale, i ragazzi, anche i più giovani, hanno percepito e recepito lo scatto di mentalità e ora si allenano tutti come “professionisti”. Il primo anno di Serie B è stata una totale scoperta per me e l’approdo ai playoff fu comunque un enorme successo. Il secondo, poi, l’abbiamo vissuto con più consapevolezza e spavalderia, convinti di poter arrivare davanti a tutti. Soprattutto è iniziato a crescere il seguito di tifo e persone che si interessavano a noi, basti ricordare i due pullman di tifosi che parteciparono alla trasferta di Pagnano che ci regalò l’aritmetica vittoria del campionato. Da lì, è iniziata la scalata che stiamo ancora facendo in Serie A2 con l’orgoglio dei tanti ragazzi che continuamente lanciamo nei campionati nazionali, smentendo anche tutte le malelingue sul nostro metodo di lavoro e su tanti nostri giocatori. Senza aprire il portafogli di punto in bianco, ma crescendo gradualmente. Agli inizi, quando i miei capelli fluenti mi facevano sembrare un mix tra John Lennon e Liam Gallagher, avevo detto che l’obiettivo sarebbe stato arrivare in Serie A entro una decina d’anni. E ormai ci siamo quasi, ma la L84 deve arrivarci con un progetto solido per rimanerci, dunque dobbiamo ancora strutturarci meglio e possibilmente trovare un impianto che ci garantisca un afflusso sempre maggiore dei nostri tifosi. Un progetto al quale tende ovviamente l’accordo stipulato con Claudio Marchisio: “Ho capito che senza l’aiuto di sponsor di un certo tipo e senza visibilità nazionale non sarebbe stato possibile arrivare ai vertici. Il programma creato con il mio staff ci ha portati a conoscere Marchisio che, da grande uomo di sport, ha capito e colto l’opportunità di creare qualcosa di buono. Con l’obiettivo di “conquistare” lo scenario di Torino e creare l’interesse della città, liberandosi della nostra naturale “provincialità”. 

Ma, prima squadra a parte, gli obiettivi di Bonaria e della L84 riguardano lo sviluppo del calcio a cinque a 360 gradi, partendo dalla Futsal School e dallo staff: “Avere 70 persone nello staff è un miracolo. Il 90% di loro sono volontari, di tutte le età e non riuscirò mai a ringraziarli a sufficienza. Senza di loro non saremmo mai arrivati a poter gestire 19 squadre e più di 200 giocatori. Due in particolare, come Antonio Martelli e Jonatha Falco, fanno un lavoro splendido e spesso invisibile, senza prendersi i meriti che dovrebbero. Antonio, come me, ha messo tutto se stesso sin dal principio in questo progetto e sono state molte le discussioni che ci hanno fatto crescere. E’ stato bravissimo a creare un’immagine professionale che ora abbiamo raggiunto e di cui vado molto fiero. Con la Futsal School siamo partiti quattro anni fa da 34 bambini convinti in qualche modo qua e là della bontà del nostro progetto. La pressione è doppia con i bambini, perché con noi devono non soltanto giocare a pallone ma anche crescere nel complesso. Senza contare il lavoro di gestione dei genitori, tutte novità per noi. Poi dal secondo anno è stato già sold-out con un centinaio di bambini, dovendo purtroppo anche respingere qualcuno che poi per fortuna siamo riusciti a recuperare l’anno successivo. Tutto con la qualità del lavoro, cosa che ci ha permesso di diventare la prima società di futsal in Piemonte ad essere riconosciuta come Scuola Calcio Elite. Per me è un grande orgoglio e ci siamo arrivati presto rispetto alle previsioni. La grande sfida di quest’anno è la ricerca del connubio tra calcio a 5 e calcio a 11, con lo sviluppo anche a Brandizzo: non i primi in assoluto a provarci, ma certamente i primi nella zona. Noi crediamo fortemente che lo sviluppo bilaterale possa far crescere giocatori migliori in entrambe le discipline. L’ambizione è creare tante Scuole L84, nel futuro anche fuori regione, per far conoscere il nostro modello. Così come sarebbe bello creare connessioni e collaborazioni con società anche più importanti di noi per scambiare idee e modelli”.

Lavoro sul territorio, ma anche magari qualche missione “esotica” come quella di due anni fa in Brasile che Bonaria visse con Rodrigo De Lima e Heverton Pato Reinaldi: “Quando ero ragazzo amavo tantissimo i videogames manageriali di calcio, memorabili le mie vittorie con la Pro Vercelli dalla C alla Champions League…Quando Rodrigo De Lima mi parlò delle possibilità di andare in Brasile a scovare giovani talenti è stato come un sogno che si realizzava. Siamo stati lì un mese, mentre un talent scout locale aveva preselezionato per noi una quarantina di ragazzi: Heverton con la divisa dell’Italia ci ha dato credibilità, io dopo pochi minuti già mi accorsi di quanto quei ragazzi fossero nettamente più avanti rispetto ai nostri di pari età. A me piaceva la sfacciataggine di Luizinho, mentre Rodrigo si innamorò subito di Felippe Tambani. Ma poi ce n’erano tanti altri, tranne quello che, al primo impatto visivo, per gioco avrei detto fosse il più bravo di tutti…”.

Exit mobile version