
Riecco il caso plusvalenze: condannato il presidente - Futsalnews24.com (Pixabay)
Torna lo spettro del caso plusvalenze nel campionato italiano. E’ notizia di pochi giorni fa la condanna per il presidente in seguito alla sentenza del Tribunale.
Il tema delle plusvalenze fittizie nel calcio italiano ha assunto rilievo nazionale a partire dalla stagione 2021-2022, quando l’inchiesta che coinvolse la Juventus portò alla luce pratiche di bilancio irregolari finalizzate a sistemare i conti societari. Secondo le indagini, scambi di calciatori a valutazioni gonfiate, spesso senza effettivo impatto tecnico, vennero utilizzati come strumenti per generare utili artificiali. La manovra emerse con evidenza attraverso operazioni ripetute che coinvolgevano il settore giovanile e il primo organico, in una strategia contabile sistematica.
Le indagini federali e della giustizia ordinaria portarono a sanzioni rilevanti per la società bianconera: penalizzazioni in classifica, inibizioni per i dirigenti e un danno d’immagine significativo. La FIGC, nell’analizzare il caso, parlò di “alterazione sistemica dei bilanci”, mentre a livello giudiziario l’accusa principale fu quella di false comunicazioni sociali. L’onda lunga di quella vicenda ha modificato la percezione del concetto di plusvalenza nel sistema calcio italiano, che fino ad allora era stato considerato un margine operativo tutto sommato lecito.
Il caso Juventus ha segnato l’inizio di un percorso di maggiore trasparenza e controllo, spingendo le autorità sportive e giudiziarie a indagare anche su altre realtà. Il 2025, in questo senso, si è rivelato un anno di svolta, con un clima di attenzione elevatissima su ogni operazione di mercato. In un contesto così delicato, i controlli si sono estesi anche ai campionati minori, portando alla luce dinamiche altrettanto gravi in piazze meno esposte mediaticamente, ma non per questo immuni da condotte scorrette.
Cesena–Chievo, Campedelli condannato: due anni per plusvalenze fittizie
È di questi giorni la sentenza del Tribunale di Forlì che ha condannato a due anni di reclusione Luca Campedelli, ex presidente e proprietario del Chievo Verona, per plusvalenze fittizie realizzate attraverso operazioni con il Cesena. I giudici hanno ritenuto colpevole l’ex dirigente limitatamente al bilancio 2017/18, nel quale furono inseriti valori gonfiati legati alla compravendita di calciatori, alterando in modo rilevante i conti del club.
Il processo ha portato a una lunga lista di imputati e verdetti differenziati. Assolto Rino Foschi, ex direttore sportivo del Cesena, “per non aver commesso il fatto”. Assolti anche Luigi Piangerelli, responsabile del settore giovanile, ed Enrico Brunazzi, ex sindaco della società controllante. Per Luca Mancini, ex direttore generale, è arrivata l’assoluzione piena, mentre per Graziano Pransani, ex vicepresidente, è scattata la prescrizione.

Condanne più pesanti sono invece state inflitte agli ex consiglieri Mauro Giorgini e Claudio Manuzzi, entrambi a quattro anni e quattro mesi. Tre anni e dieci mesi per Christian Dionigi e Stefano Bondi, mentre Barbara Galassi è stata condannata a tre anni, sei mesi e quindici giorni. Il caso rappresenta uno spartiacque: dimostra che le plusvalenze fittizie, quando utilizzate come strumenti di elusione contabile, possono diventare materia da codice penale. La giustizia ordinaria, a differenza di quella sportiva, è entrata con decisione nel merito delle pratiche gestionali, fissando un precedente che rischia di ripercuotersi su altre realtà. Per il calcio italiano, è un chiaro monito: l’epoca delle finanze creative sembra ormai arrivata al capolinea.