
Juve frastornata, sentenza improvvisa: 3 anni di reclusione - Futsalsnews24.com (screen Youtube)
Se sul campo la Juventus di Igor Tudor ha ricominciato a vivere, convincendo dirigenza e tifosi, fuori dallo stadio le cose non sono andate così bene.
Gli ultimi dieci anni della Juventus sono stati segnati da una doppia faccia. Da un lato i successi sportivi, interrotti solo da una fase di transizione e da una stagione buia, dall’altro una serie di vicende giudiziarie che hanno inciso profondamente sull’immagine del club. È impossibile dimenticare la parentesi delle plusvalenze, le inchieste sui bilanci e i processi relativi agli stipendi, vicende che hanno scosso l’ambiente bianconero e messo a dura prova i rapporti tra società e istituzioni calcistiche. Se il campo oggi racconta una storia diversa, con un avvio di stagione convincente sotto la guida di Igor Tudor, fuori dallo stadio le ferite non si sono ancora rimarginate. L’Allianz Stadium e, più in generale, il tifo organizzato juventino continuano a essere sotto i riflettori, non solo per la passione che li contraddistingue, ma anche per episodi che poco hanno a che vedere con lo sport.
La recente condanna inflitta a un esponente di spicco della curva ha riportato in superficie un tema antico: la connessione tra ultras, affari oscuri e criminalità organizzata. Un paradosso amaro per una squadra che, a livello tecnico, sta tentando di riscrivere la propria storia recente puntando su giovani di talento come Kenan Yildiz e sull’esperienza di senatori ritrovati come Dusan Vlahovic. Mentre la Juve sul campo prova a guardare al futuro con fiducia, sugli spalti resta una macchia difficile da cancellare, testimonianza di come il calcio, quando travalicato dai confini della passione sportiva, possa diventare terreno fertile per interessi ben diversi.
Lo Surdo condannato a 3 anni e mezzo: ha patteggiato
La notizia è arrivata da Torino: Giacomo Lo Surdo, 44 anni, ex capo del gruppo ultras “Arditi”, ha patteggiato una pena di tre anni e mezzo di reclusione. Alla condanna si aggiungono tre anni di libertà vigilata, misura stabilita dalla giudice Ombretta Vanini come ulteriore forma di controllo. Si chiude così, almeno sul piano giudiziario, una vicenda che da anni gravava sull’ex leader della curva bianconera, coinvolto in un filone dell’inchiesta sulle infiltrazioni della ’ndrangheta in Piemonte. A Lo Surdo venivano contestati episodi di estorsione e, soprattutto, l’accusa di associazione mafiosa. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, sarebbe stato affiliato dal 2003 all’articolazione guidata dai fratelli Adolfo e Aldo Cosimo Crea, con un ruolo attivo fino al 2012. Una presenza che, sempre secondo le indagini, andava ben oltre le dinamiche da stadio, inserendosi in un più ampio sistema di affari e pressioni.

Il suo nome era stato stralciato dal maxiprocesso che coinvolge altri imputati eccellenti, ma la decisione del tribunale resta significativa: riconosce il legame tra il mondo ultras e un contesto criminale radicato. Non si trattava solo di cori e striscioni, ma di gestione di biglietti, merchandising parallelo e intimidazioni, strumenti capaci di generare profitti e consolidare potere. Il patteggiamento ha evitato un processo lungo e complesso, ma non ha tolto peso alla sentenza. Per la Juventus e per Torino è un ulteriore campanello d’allarme: la criminalità organizzata non è più un fenomeno distante, confinato al Sud, ma ha trovato terreno fertile anche al Nord, infiltrandosi persino nel tifo. Un richiamo severo a non sottovalutare i segnali, soprattutto quando si intrecciano con la passione per una squadra che rappresenta milioni di tifosi in Italia e nel mondo.