
Yildiz spacca la Juve, i tifosi sono divisi (Foto IG @kenanyildiz_official - futsalnews24.com)
Kenan Yildiz si prende la scena alla Juventus, ma il talento del numero dieci sembra già dividere tifosi e ambiente bianconero.
Ogni tanto, nel calcio, riemerge quel senso romantico legato ai simboli, ai numeri, alle storie che si intrecciano con la tradizione di un club. La maglia numero dieci, soprattutto alla Juventus, non è mai solo un numero.
È un’eredità, una responsabilità, un peso che pochi riescono a portare con leggerezza. Dopo anni in cui quel dieci sembrava quasi dimenticato, Kenan Yildiz è arrivato a riaccendere una fiamma che molti davano per spenta. Eppure, paradossalmente, proprio lui – il talento che doveva unire – rischia di spaccare in due la Juve e la sua tifoseria.
Yildiz: l’annuncio che scuote e divide i tifosi
Attorno a lui si è creata un’attesa enorme, forse anche eccessiva. C’è chi lo vede già come il nuovo simbolo di un ciclo vincente, chi invece lo considera ancora troppo acerbo per caricarsi il peso della squadra sulle spalle. Poi, come spesso succede in questi casi, ci si mette anche il contesto. Perché la Juventus è in pieno cambiamento, e ogni dettaglio – ogni gesto, ogni parola – viene ingigantito, sezionato, discusso. E ora, a spiazzare tutti, è arrivato un annuncio, o meglio una riflessione pesante, che dà una nuova lettura al momento che sta vivendo il giovane turco.
A parlare è uno che la maglia della Juve l’ha indossata con orgoglio e che, da sempre, osserva da vicino l’ambiente bianconero: Alessio Tacchinardi. Intervistato sul tema dei giovani e su chi potrebbe esplodere nella prossima stagione, non ha avuto dubbi: «Sì, sarà l’anno di Yildiz, e mi entusiasma il fatto che sia un ragazzo perbene, che tenga alla Juve». Fin qui, tutto nella norma. Ma è nel seguito della sua analisi che si apre uno squarcio interessante.

Tacchinardi sottolinea come l’arrivo di Tudor possa aver cambiato profondamente il modo di vivere il campo per Yildiz. «Con Tudor è più centrale, con Thiago giocava più esterno e c’era la sensazione che si svuotasse. Anche fisicamente». Parole che fanno riflettere, perché aprono un discorso tecnico e tattico che fino ad oggi era rimasto un po’ in secondo piano. Con Tudor, insomma, Yildiz sembra poter trovare quella centralità, anche mentale, che gli mancava.
Ma la frase che colpisce di più è quella finale, quando Tacchinardi lo paragona – senza troppi giri di parole – a un certo Del Piero: «Io vedevo Del Piero quando Baggio è andato via: ci sono giocatori che hanno qualcosa di speciale. Certo, un’alternativa lo aiuterebbe». Ecco, qui sta il punto. Perché se da un lato c’è la voglia di affidargli le chiavi della nuova Juventus, dall’altro c’è la consapevolezza che caricarlo di troppe responsabilità potrebbe essere controproducente. Un equilibrio sottile, che la società e lo staff tecnico dovranno gestire con intelligenza.
Yildiz è un gioiello, su questo non ci piove. Ha classe, ha personalità, ha fame. Ma è ancora giovane. E in una Juve che cerca di ricostruirsi dopo anni difficili, non può essere lasciato da solo a reggere tutto il peso dell’identità bianconera. Serve tempo, serve pazienza, ma anche una struttura attorno a lui che lo protegga. La sensazione è che questa stagione possa davvero rappresentare la sua consacrazione. Però guai a bruciarlo. Anche perché, come ha detto Tacchinardi, certi giocatori ce li hai una volta ogni dieci anni.