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La storia di Bessa, un gioiello con il futsal nel sangue

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Riflettori accesi su Daniel Bessa, protagonista della settimana nella Serie A di calcio ma con il futsal nel sangue: dalle partitelle di nascosto in Brasile alla carriera italiana del fratello Raphael

Quella corsa alle spalle di Bonucci. La dedica liberatoria per la mamma, che l’ha partita più importante l’ha vinta, contro il cancro. Il gol del pareggio allo Stadium che arresta gli inarrestabili. E’ Daniel Bessa il protagonista della nona giornata di Serie A. Il suo movimento d’attaccante d’area navigato e lo stacco di testa con cui ha trafitto Szczesny hanno permesso al Genoa di tornare a casa con un punticino da una partita sulla carta ingiocabile contro la Juventus, precedentemente a punteggio pieno. Ma la storia di Bessa ha radici profonde e – allo stesso tempo – lontane dal calcio a 11. Nato nel gennaio 1993, a San Paolo in Brasile, il talento rossoblù ha iniziato a tirare i primi calci nelle periferie verdeoro. Ma non sui campi sterrati, bensì su quelli a misura ridotta, di cemento non asfaltato del futsal. Lì, il centrocampista naturalizzato italiano del Grifone ha affinato movimenti, qualità e soprattutto tecnica individuale. Un amore, quello tra Bessa e il calcio a 5, a tratti anche tormentato, tenuto nascosto, celato. Perché quando Bessa ha iniziato a giocare a undici nel Coritiba, non ne ha proprio voluto sapere di smettere con il futsal. E per questo si è allenato e ha giocato senza che allenatore e compagni lo sapessero, sostenendo anche doppi allenamenti sfinenti per chiunque, figurarsi per un ragazzino. D’altronde Dani – come lo chiamano in famiglia – la passione per il parquet ce l’ha nel sangue, tramandata dalla famiglia e dal fratello Raphael. Vi dice qualcosa il nome? Sì, il pivot che in campionato ha militato sei anni in Italia con le maglie di Terni, Acqua&Sapone e Asti, collezionando anche qualche sporadica comparsata con la Nazionale italiana. Ma torniamo a Bessa Jr: il ragazzetto, in Brasile continua a fare la spola tra calcio a 5 e a 11. Con lui, c’è un altro giovincello terribile, Piazon (che il Chelsea scippò qualche anno fa alla Juve). Insieme i due vincono partite su partite e tornei su tornei. Fino a quando non arriva la chiamata di Pierluigi Casiraghi, di professione osservatore. L’anno è il 2008: per Bessa si aprono le porte dell’Inter. La scelta questa volta non può essere che definitiva: addio al calcio a 5 e passione, impegno e dedizione riversati al 100% sul manto erboso. I risultati? Una Next Generation Series (pioniera della Youth League) vinta da protagonista assoluto e una carriera che al netto degli infortuni sembra ancora poter esplodere. Come? Magari con reti come quella segnata alla Juventus, o qualche numero dei suoi. Quelli imparati da bambino, quando se si parlava di Ronaldo non si pensava a CR7 ma al Fenomeno, vero idolo di Bessa. Ah già, CR7, proprio colui a cui ha risposto con il gol alla Juventus, sottraendo ad Allegri i primi due punti stagionali…

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