Missione Mondiale fallita. E sul carro della sconfitta si fa festa
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Missione Mondiale fallita. E sul carro della sconfitta si fa festa

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La Nazionale Italiana di futsal fuori dal Mondiale come nel 2021. Le reazioni della piazza nascondono ancora i veri problemi

Per la seconda volta di fila la Nazionale Italiana è fuori dalla FIFA Futsal World Cup, senza passare neppure dagli spareggi playoff. Gli Azzurri chiudono come peggior seconda dei cinque gironi (e alla fase successiva se ne qualificavano in quattro). Una batosta, comunque la si voglia vedere, che lascia sgomenti.

Ma se la mancata riuscita dell’operazione Mondiale pone diversi interrogativi, ciò che lascia veramente perplessi è il macabro tempismo con cui “certi problemi” sono venuti a galla. Tradotto senza mezzi termini: dietro l’angolo una fila piuttosto numerosa di persone pronta a salire sul carro della sconfitta, come non aspettassero altro.

È una scena questa vista e rivista. È capitato nell’ultimo periodo di Roberto Menichelli ed è successo ancora quando alla guida c’era Alessio Musti. Oggi il capro espiatorio è doppio: non solo il cittì Massimiliano Bellarte ma anche il presidente della Divisione Calcio a 5 Luca Bergamini.

Sulle loro spalle e coscienze grava il peso di tutti i mali del futsal italiano contemporaneo. Loro i colpevoli numeri uno, rei di aver depauperato il valore del nostro movimento, relegandolo ad un campionato forse appena superiore a quello di Finlandia e Slovenia. Un campionato minore per una Nazionale minore. Ma è davvero così?

Chi afferma ciò è ovviamente quanto più distante possibile dalla realtà. L’Italia e la Nazionale stanno attraversando un periodo di profonda trasformazione vero. Ma questa è cominciata da appena due anni. Bastano due miseri anni per stravolgere un sistema così complicato? Ovviamente no, non può.

La sconfitta del sistema italiano, perché di questo si tratta, non è nuova, non è una rarità. È solo un’altra su una lunghissima lista, che comincia dal 2014, per la precisione dal 9 febbraio, giorno successivo alla vittoria degli Europei. In quel preciso momento storico l’Italia avrebbe potuto e dovuto cambiare il proprio sistema. Invece ha finito solo per perdere… sette anni.

Un sistema il nostro che non ha più saputo dare risposte positive in nessun caso. Né al suo interno né a livello internazionale. Leggasi il numero di squadre che, come niente fosse, continuano a rinunciare anno dopo anno alla partecipazione al campionato. Di Serie A, mica di D. E non dimenticatevi che quest’anno ben due ci hanno lasciati (Pescara e Real San Giuseppe). Né tanto meno a livello europeo. L’unico ed ultimo exploit di una formazione italiana (se si esclude la vittoria del Città di Falconara all’ultima Futsal WEC ma questa è tutta un’altra storia) risale al 2011. Da quel momento in poi solo delusioni e bocconi duri da mandare giù.

Come può un misero (e aggiungiamo del tutto legittimo) intervento provocare un simile cataclisma nel giro di due anni appena? Davvero credete che i mali del futsal italiano possano dipendere da ciò? Non offendete le vostre intelligenze ancor prima di provarci con le nostre.

L’Italia non è competitiva. Non lo affermiamo noi ma i risultati in campo internazionale. L’Italia semplicemente non è al passo delle altre nazioni e delle altre nazionali. È rimasta indietro. Ferma a quel 2014. E l’unica strada percorribile è proprio quella intrapresa da un paio d’anni a questa parte, che piaccia o meno. Ma due anni, come detto, non sono neppure iniziati.

L’Italia di oggi è quella che a pochi giorni dal via ha dovuto fare i conti con le rinunce di Pescara e Real San Giuseppe. L’Italia di oggi è quella che continua ad accogliere campioni… over 37. L’Italia di oggi è quella che ha visto il proprio capitano Carmelo Musumeci calcare i campi della Serie A per la prima volta a 27 anni. L’Italia di oggi è quella che sogna Ricardinho, già passato da Francia e Repubblica Ceca. Già, l’Italia di oggi è seconda a Francia e Repubblica Ceca.

Scendete dal carro della sconfitta ora, fate ancora in tempo. Quando i veri effetti della riforma – senza dubbio la più giusta e sensata dagli ultimi trent’anni a questa parte – saranno davvero visibili, sarà tutta un’altra storia. Perché solo in quel momento potremo finalmente giocarcela ad armi pari.

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